Articolo a cura dell’ Avv. Alessandra Pagliari – Alessandra Pagliari Studio Legale
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, con la sentenza n. 200 del 17 febbraio 2022, ha assolto tutti gli alti dirigenti del Ministero dell’Economia convenuti nel giudizio di responsabilità per la nota vicenda dei contratti relativi a prodotti finanziari derivati sottoscritti dallo Stato italiano con una primaria banca d’affari.
I “famigerati” strumenti derivati sono, ormai da molti anni, oggetto di animati dibattiti nei mercati internazionali; a titolo esemplificativo, essi sono considerati all’origine della crisi finanziaria del 2008.
Nel caso di un contratto derivato-tipo, ossia l’interest rate swap (IRS), le parti si scambiano flussi di denaro alle date prestabilite in base all’andamento di un certo tasso di interesse. Ad esempio, una impresa che abbia ottenuto un finanziamento a tasso variabile ed intenda limitare i propri esborsi dovuti al temuto rialzo del tasso di interesse, potrà stipulare un IRS (che avrà come “sottostante” il capitale finanziato) e pertanto trasformare il tasso passivo da variabile a fisso. Evidentemente, la stipula del derivato si basa sulle diverse aspettative delle parti in ordine all’andamento del tasso di interesse e la normativa di settore prevede specifici obblighi per tutelare le parti deboli ed il mercato (si pensi alla normativa EMIR).
In generale, in una gestione dinamica di tesoreria, molti enti (pubblici e privati) possono trarre importanti vantaggi dalla diversificazione degli strumenti finanziari utilizzati: ad esempio, i derivati su valute sono utilizzati dalle imprese di import-export per coprirsi dal rischio di cambio, mentre i derivati su merci e materie prime per coprirsi dalle variazioni dei prezzi.
Tornando alla recente sentenza della Corte dei Conti, è stata finalmente stabilita la piena legittimità dei contratti derivati stipulati dallo Stato in quanto aventi una loro “ratio” economica nell’ambito di una gestione dinamica del debito pubblico, sotto il duplice profilo dell’allungamento della scadenza del debito e della copertura dai rischi legati alle variazioni dei tassi d’intesse. Inoltre, si è giustamente evidenziato che le limitazioni alla stipula dei contratti derivati previste per gli enti territoriali non siano estensibili allo Stato, il quale può espressamente ricorrere a tali strumenti finanziari al fine di “dare flessibilità alla gestione del debito in essere sui mercati internazionali”.
Oggetto di particolare attenzione è stata poi la clausola di Additional Termination Event (ATE), la quale consentiva alla banca di risolvere anticipatamente i contratti derivati al verificarsi di determinati presupposti (riduzione del rating dello Stato italiano e aumento del livello di esposizione nei confronti della controparte bancaria). Anche in questo caso, il giudice contabile ha stabilito la legittimità della clausola ATE.
Interessante il chiarimento della Corte sul momento utile per la valutazione sulla legittimità delle operazioni in derivati: tale valutazione va effettuata ex ante, ossia in base alle informazioni disponibili alle parti al momento della stipula del contratto, e non in termini di guadagno/perdita verificati ex post.
In definitiva, secondo il giudice contabile, in assenza di strumenti derivati lo Stato avrebbe dovuto pagare somme ben maggiori a fronte dell’ingentissimo debito pubblico che storicamente caratterizza il nostro Paese, e in ogni caso anche la chiusura anticipata dei derivati occorsa nel 2011 ha potuto garantire, numeri alla mano, un notevole risparmio alle casse dello Stato.
I principi sopra richiamati, sanciti dalla pronuncia della Corte dei Conti con riferimento ai dirigenti pubblici assumono rilevanza anche per agli amministratori di società (ivi inclusi gli intermediari finanziari); essi sono infatti compatibili con i criteri utilizzati dal giudice civile per delimitare l’ambito della sindacabilità nel merito delle scelte di gestione – e pertanto della responsabilità – degli amministratori in applicazione della business judgment rule.
Alessandra Pagliari
Solida esperienza in importanti operazioni e controversie finanziarie anche a livello internazionale. Ha assistito istituzioni pubbliche e private nelle vicende legate all’insolvenza del Gruppo Lehman Brothers e nelle controversie originate dal fallimento del Gruppo Parmalat, nonché nel contenzioso, anche arbitrale, tra Stati legato all’applicazione delle sanzioni internazionali.