La Commissione Bancaria di ICC Italia ha condiviso, con Ministero del Tesoro e Banca d’Italia, le preoccupazioni del settore bancario in essa rappresentato, nonché delle imprese che potrebbero subire effetti avversi da tale revisione
La Proposta attualmente al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 sui requisiti di capitale (c.d. CRR3) solleva preoccupazioni nel settore bancario, ma anche nel mondo imprenditoriale in generale, in merito ad alcuni effetti avversi che può determinare sul trattamento delle attività di Trade Finance.
Sebbene il Trade Finance rappresenti solo una piccola parte delle attività regolamentate dal CRR, le modifiche contemplate dalla recente proposta potrebbero avere conseguenze di ampia portata per la competitività delle imprese con sede nell’Unione Europea – soprattutto per le Piccole e Medie Imprese (PMI) che dipendono fortemente dall’accesso a tali strumenti per operazioni con l’estero.
Secondo la WTO, oltre l’80% del commercio internazionale si basa su una qualche forma di Trade Finance. Ciò significa che la maggioranza delle imprese – dalle PMI alle grandi multinazionali – richiede l’accesso a strumenti di finanza commerciale ogni volta che ha necessità di importare componenti essenziali per la propria produzione, o quando commercializza i propri prodotti all’estero o quando cerca di assicurarsi un contratto nell’ambito di un appalto internazionale.
Pur essendo ICC favorevole agli obiettivi generali di tale proposta – volti a ridefinire un sistema finanziario solido e stabile, essenziale per la crescita economica e le opportunità imprenditoriali – vi sono in particolare due disposizioni che possono avere gravi conseguenze sull’offerta di finanziamenti commerciali nell’economia reale.
- Innalzamento del CCF (Credit Conversion Factor)
La prima delle disposizioni in parola riguarda l’innalzamento del CCF (Credit Conversion Factor, parametro che permette di ponderare le esposizioni fuori bilancio, in cui ricadono gli strumenti di Trade Finance) dall’attuale 20% al 50% per le Garanzie Tecniche.
Questa proposta è ritenuta estremamente penalizzante per l’economia reale, in quanto le Garanzie Tecniche rappresentano uno strumento a supporto degli scambi internazionali e con un basso tasso di default. L’incremento del CCF al 50% si tradurrebbe, per le imprese che devono ricorrere ad una Garanzia, in un considerevole incremento dei costi, dovuto al maggiore impegno di capitale sostenuto dalle banche. Nell’economia reale, ciò determinerebbe una riduzione di competitività per le imprese europee che partecipano ad appalti per contratti internazionali dove le Garanzie sono essenziali, specialmente per progetti relativi a grandi infrastrutture ed energia.
Molte transazioni internazionali infatti richiedono, in aggiunta allo strumento di pagamento, il rilascio di una garanzia, da attivare in caso di inadempienza nell’esecuzione del contratto, garantendo all’acquirente che il venditore adempirà ai propri obblighi contrattuali.
La disposizione del Regolamento così rivista comporterebbe,inoltre, per le banche europee, una disparità di trattamento importante rispetto al settore assicurativo, che in molti Paesi europei si sta espandendo nel campo delle Garanzie, ma che non sarebbe soggetto a tali requisiti.
In proposito, ICC invoca il mantenimento dell’attuale regolamentazione per le Garanzie, ossia il mantenimento di tale strumento nella categoria 4 della Classificazione degli elementi fuori bilancio, ossia tra quelli con un’esposizione di rischio medio-basso, cui si continuerebbe ad applicare l’attuale 20% del CCF.
- Scadenza degli strumenti di Trade Finance
La seconda disposizione riguarda la scadenza degli strumenti di Trade Finance per il calcolo delle esposizioni ponderate per il rischio.
La proposta di CRR in esame consentirebbe infatti l’applicazione della durata effettiva delle operazioni limitatamente alle istituzioni che applicano il metodo Advanced Internal Rating-Based (A-IRB), mentre ne sarebbero escluse le istituzioni che usano l’approccio Foundation Internal Rating-Based (F-IRB), le quali si troverebbero pertanto ad applicare un maturity standard di 2,5 anni.
L’applicazione di una media di 2,5 anni appare controintuitiva nei confronti di strumenti di Trade Finance (garanzie, ma anche lettere di credito) che, per loro natura, hanno una durata generalmente a breve termine (a volte anche limitata a pochi mesi). L’impatto della nuova disposizione non può che determinare significativi aumenti di costi per le imprese europee che intendono fare ricorso a tali strumenti, ponendole in una posizione più debole rispetto alle loro concorrenti extra-UE, oltre che penalizzare eccessivamente strumenti che, come già sottolineato in precedenza, non hanno carattere finanziario, ma commerciale.
In merito a questa seconda disposizione, ICC sollecita l’estensione, sulla base della previsione di cui all’articolo 162.1, della possibilità di utilizzo della scadenza effettiva di tali strumenti anche per le istituzioni che usano l’approccio Foundation Internal Rating-Based (F-IRB).
In questa fase delicata di ripresa economica, in cui il commercio internazionale riveste un ruolo vitale per molte aziende, in particolare le PMI, ICC incoraggia i responsabili politici dell’UE e i singoli Governi a porre estrema attenzione alla regolamentazione degli strumenti di Trade Finance quali le Garanzie, affinché non siano penalizzati nell’ambito del CRR3 definitivo, e a considerare con cautela le potenziali conseguenze per l’economia reale.